La canzone è un genere musicale antichissimo, e nei secoli si è evoluto nelle direzioni più disparate.
[Una variante utile: spiegare come si struttura la forma “canzone” nei secoli più recenti]
Tutti conosciamo le canzoni più recenti e anche qualcuna del passato, ma stavolta ne affrontiamo una un po’ vecchiotta e così strana che più strana non si può. Di solito le canzoni trattano argomenti d’amore, e anche questa parla di una ragazza, ma… insomma, nel testo non si capisce nulla!! E anche la musica è una polka un po’ confusa, sembrano più canzoni messe assieme!
Ascoltiamola. Poi cercheremo di capirla.
Clicca qui per ascoltare La bella Gigogin
Iniziamo dal testo. Ma che vuol dire?
Rataplàn tambur io sento
[rataplan è un’onomatopea, cioè l’imitazione del tamburo, ve ne sono altre più avanti che imitano le trombe ed i piatti]
che mi chiama alla bandiera
oh che gioia, oh che contento
io vado a guerreggiar.
Rataplàn non ho paura
delle bombe e dei cannoni
io vado alla ventura
sarà poi quel che sarà.
E la bella Gigogìn [Teresina, in piemontese] col tremille-lerillellera
la va a spass col sò spingìn [innamorato, pretendente, in milanese… anche spicin, in altre versioni] col tremille-lerillerà.
[Fin qua è chiaro, è qualcuno che parte per la guerra, forse volontario]
Di quindici anni facevo all’amore
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuore.
A sedici anni ho preso marito
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuore.
A diciassette mi sono stradìta
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuor.
[??? Adesso passa in dialetto milanese…]
La vén, la vén, la vén a la finestra
l’è tutta, l’è tutta, l’è tutta inzipriada [incipriata, si è fatta bella]
la dìs, la dìs, la dìs che l’è malada
per non, per non, per non mangiar polenta
[polenta…???]
bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza
lassàla, lassàla, lassàla maridàre
[Lasciare che si sposi. Ma con chi, e chi è alla fine questa ragazza così volubile?]
Le baciai, le baciai il bel visetto,
cium, cium, cium,
La mi disse, la mi disse: oh mio diletto
cium, cium, cium,
là più basso, là più basso, in quel boschetto,
cium, cium, cium,
anderemo, anderemo a riposar.
Ta-ra-ta-ta-ta-tam.
[ma non andavano alla guerra?]
Per capire il testo c’è una parola chiave: la polenta, cioè la bandiera degli Asburgo, con l’aquila bicipite (con due teste) in campo giallo. Durante il Risorgimento italiano si usavano spesso testi sotto traccia in modo da non farsi capire dagli Austriaci, altrimenti erano dolori, e forti.
Ma allora chi è la bella Gigogin, ossia la bella Teresina? E’ l’Italia, o meglio il Piemonte (meglio ancora, Vittorio Emanuele II) che si vuole unire al Lombardo Veneto, allora sotto l’Impero Austro-Ungarico. Lo vogliamo fare si o no questo passo fondamentale (…daghela avanti un passo…), dopo tanti tira e molla con la Francia (Napoleone III, lo spingin del testo, vedi la storia delle alleanze nelle guerre di Indipendenza)?
E nel boschetto andremo a riposar: qual è il riposo del volontario che va alla guerra? Forse la morte…
Questa canzone, diventata famosissima ai suoi tempi, ci dimostra come spesso la musica, popolare o colta (vedi le opere di Giuseppe Verdi) abbia funzionato, in un’epoca in cui non esistevano i moderni mezzi di comunicazione e la maggior parte della gente era analfabeta, come potente veicolo degli ideali patriottici dei popoli.
Un’ultima annotazione: il ritornello “La ven, la ven..” sembra riferirsi, musicalmente, ad una canzone popolare austriaca. Quest’osservazione aprirebbe una riflessione sulla penetrazione delle culture popolari fra dominatori e dominati. Ma non è questa l’occasione. Ne riparleremo.
Per finire in modo divertente, ecco un’altra interpretazione de La bella Gigogin registrata per la tivù molti anni fa:
https://www.youtube.com/watch?v=BzCzC-RSAoQ
Per approfondire:
http://www.italianopera.org/Canzone/Tradizionale/LaBellaGigogin.html