Affrontiamo un tema un po’ difficile ma non impossibile, se si segue con un po’ di attenzione e curiosità.
Ascoltiamo questo breve e celeberrimo brano musicale, tratto dalla suite Ma mere l’Oye (Mia mamma l’oca), di Maurice Ravel, ispirata all’omonima raccolta di fiabe di Charles Parrult. Il pezzo – in realtà tratto da “Il serpentino verde” di Madame d’Aulnoy – si intitola “Laideronnette imperatrice della pagode ” e racconta di una magica Isola delle Pagode in cui, improvvisamente, pagode, pagodine ed altre figurine si animano in una danza vivace, ricreando una magica atmosfera orientale.
L’intera suite (che comprende altri celebri personaggi del mondo della fiaba come Pollicino e la Bella e la Bestia), venne composta originariamente da Ravel per pianoforte a quattro mani e da lui stesso successivamente strumentata per orchestra.
Prima di tutto ascoltiamolo con attenzione, dura poco più di 3 minuti ed è eseguito dall’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, diretta da Bernard Haitink.
Ora guarda questo spartito, è la parte dello xilofono, lo strumento a percussione che a metà del brano si produce in una sequenza di suoni velocissimi e molto secchi, dandoci l’impressione di un animato movimento delle pagodine della fiaba. Ora sarà bene riascoltare il brano facendo attenzione al “solo” dello xilofono (comincia a 0’58” e si ripete uguale nel finale, concludendolo).
Come puoi vedere, dal numero 7 in poi, lo xilofono esegue una serie velocissima di note, alternando le due mani: la destra disegna una linea ondeggiante (La-Sol-La-Sol-Re-Do-Re-Do) mentre la sinistra (il rigo inferiore) ripete ostinatamente sempre la stessa nota, un Fa.
Il risultato è curioso: il nostro orecchio nota facilmente l’andamento ondeggiate del rigo superiore, separandolo istintivamente da quello inferiore che sembra quasi confondersi sullo sfondo. La linea in movimento si staglia chiaramente sullo sfondo creato dal Fa sempre uguale.
Non è un’osservazione di poco conto e gli studiosi di psicologia danno un nome a questo fenomeno: lo chiamano principio gestaltico di raggruppamento della Buona continuazione. Un’espressione indubbiamente non facile ma che ci possiamo spiegare senza eccessive difficoltà.
Intanto chiariamo che la Gestalt (pron. ghestalt, in tedesco “forma”) è una scuola psicologica, sviluppatasi nel corso del XX secolo in Germania ed in USA, che ha approfondito i principi che regolano la percezione delle immagini (forme, appunto) da parte del cervello umano.
Uno dei principi più importanti stabiliti dalla Getsalt è proprio quello della Buona continuazione: significa che l’occhio umano (ma anche l’orecchio) percepisce la forma di un oggetto come composta da un insieme coerente e continuo di linee (o suoni).
Guarda questa immagine:
A seconda se concentriamo la nostra attenzione sulla parte bianca o su quella nera vedremo due cose diverse, in bianco un calice, in nero due facce contrapposte. Alternativamente ed inevitabilmente una delle due parti ci apparirà in primo piano e l’altra sullo sfondo, perché il nostro cervello tenderà sempre ad isolare l’una o l’altra seguendo la continuità delle linee.
Lo stesso principio della Buona continuazione farà sì che il nostro orecchio porti in primo piano la linea musicale ondeggiante rispetto a quella fissa proprio perché esso tenderà ad identificarlo come una “figura” musicale ben definita, nonostante sia invece composta da note che si alternano velocemente fra loro. Esattamente questo è ciò che accade nel brano di Ravel.
Un’altra immagine che ci può suggerire lo stesso principio è questa:
Puoi notare facilmente come il puntino al centro, leggermente sfalsato dalla riga degli altri, nel primo caso appaia come un tutt’uno con l’insieme (qui agisce un altro principio gestaltico di raggruppamento, quello della Vicinanza) mentre nel secondo caso sembra appartenere alla sequenza inferiore, quella angolata, nonostante la sua posizione non sia cambiata. Questo perché il principio della buona continuazione agisce suggerendo al cervello di identificare il punto centrale come appartenente alla sequenza inferiore, quella ad angolo.
Infatti, il cervello non è in grado di identificare come separate sequenze di note vicine (per esempio Do-Re-Do-Re) mentre “legge” come separate sequenze di note più distanti (per esempio Do-Mi-Do-Fa-Do-Sol ecc.) e in base al principio di buona continuazione li raggruppa in sequenze di suoni diverse.
Adesso sappiamo alcune cose nuove e molto interessanti su come il nostro cervello percepisce immagini e suoni:
- I principi della percezione della forma (principi gestaltici) valgono tanto per le immagini quanto per i suoni. Questo perché, pur avendo origini differenti, figure e suoni vengono trattati dal nostro cervello in modo analogo.
- Il principio gestaltico della buona continuità ci spiega come il cervello tende a percepire le immagini e le sequenze di suoni come continue e legate fra loro (coerenti)
- Il principio gestaltico della vicinanza, quando due immagini o suoni sono molto vicini fa sì che il cervello tenda a considerarli come appartenenti ad un unico insieme. Se invece sono più distanti, tende a scinderli raggruppandoli a secondo della posizione o dell’altezza, chiamando a sua volta in causa il principio della buona continuità.
Questi principi sono fondamentali per la sopravvivenza degli esseri viventi (valgono anche per gli animali evoluti) perché permettono, per esempio, di distinguere un predatore che si muove sullo sfondo del fogliame o un frutto da raccogliere, oppure un suono differente (i passi di un cacciatore?) sullo sfondo dei suoni della foresta. E’ per questo che molti animali hanno sviluppato efficienti sistemi di mimetizzazione, proprio per ridurre al massimo l’effetto della buona continuità, che permette ad un occhio attento, come quello della preda, di distinguere un predatore che si muove nel folto della boscaglia.
Quindi possiamo affermare che anche la musica, come altre arti, si esprime secondo principi naturali che fanno parte del corredo di sensazioni istintive che la specie umana ha elaborato durante il suo processo di evoluzione.
… con un maestro come te anche la teoria più ostica diventa abbordabile.
Un abbraccio.
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Grazie, troppo buono, speriamo che serva da esempio per tanti giovani colleghi!
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